Vini d’Ungheria: queste 3 etichette storiche sono il biglietto d’accesso al mondo Tokaji

Vini d’Ungheria: queste 3 etichette storiche sono il biglietto d’accesso al mondo Tokaji

Francesco Russo

Novembre 10, 2025

Un cartello appoggiato al banco di una piccola enoteca, due bottiglie affiancate con etichette simili e una discussione che dura decenni: la querelle sul nome Tokaj è spesso la prima immagine che viene in mente quando si parla di vini ungheresi. Ma oltre alla disputa sulle etichette c’è una tradizione enologica complessa e antica che vale la pena conoscere. Qui non si parla solo di nomi, ma di tecniche storiche, vitigni autoctoni e territori che incidono profondamente sul gusto. Chi si avvicina per la prima volta a questi vini scopre che il paesaggio, il clima e la pratica rurale spiegano molto più del semplice appellativo.

La tecnica del Tokaji Aszú: tra storia e procedura

Vini d’Ungheria: queste 3 etichette storiche sono il biglietto d’accesso al mondo Tokaji
Tre bottiglie di Tokaji Aszú Eszencia, un vino bianco dolce ungherese, annata 1988, simbolo di una tradizione millenaria. – calcioinrosa.it

La zona di Tokaj, nel nord-est dell’Ungheria, è la più antica regione vitivinicola del Paese e comprende circa 28 villaggi che producono sia vini secchi sia dolci. Il vino simbolo è il Tokaji Aszú, frutto di un procedimento tradizionale che parte da acini attaccati dalla muffa nobile (botrytis). Gli acini parzialmente appassiti vengono raccolti e posti in contenitori detti puttonyos — tradizionalmente da 23/25 chili — poi trasformati in una pasta, la cosiddetta “pasta di Aszú”.

Questa pasta viene amalgamata con il mosto estratto da grappoli non botritizzati in botti da 136 litri, chiamate gònc. Il numero di puttonyos aggiunti determina l’intensità della dolcezza e la gradazione zuccherina del vino: una scala che va comunemente da tre a otto puttonyos. Un dettaglio che molti sottovalutano è che la produzione è fortemente manuale e stagionale: la selezione degli acini richiede esperienza e tempo, e questo influenza la qualità finale più di un singolo intervento tecnologico.

Tra le etichette spesso segnalate per il mercato italiano c’è quella della cantina dei Conti Degenfeld, che affina molte bottiglie nelle segrete del castello. Un vino come il Tokaji Aszú 5 Puttonyos si presenta di colore giallo pallido con riflessi dorati, profumi di albicocca e frutta esotica, seguiti da note mielate e vegetali di paglia e fiori secchi. Al palato l’equilibrio tra dolcezza e acidità è sorprendente: nonostante un residuo zuccherino elevato (indicativamente 151 gr/l), il vino non risulta stucchevole, grazie a un’acidità che ne sostiene la beva. Un aspetto che sfugge spesso a chi vive in città: questi vini richiedono temperatura di servizio fresca per esprimersi al meglio.

Syrah e montagne: il Föld és Ég e il carattere del Mátra

Vini d’Ungheria: queste 3 etichette storiche sono il biglietto d’accesso al mondo Tokaji
La bottiglia di vino biologico Caeles Syrah di Firriato riposa su un letto di fichi d’India. – calcioinrosa.it

Non tutti i vini ungheresi sono dolci: la scena contemporanea ha visto crescere anche etichette rosse di grande carattere. Tra queste spicca il Föld és Ég Syrah 2019 prodotto da N.A.G.Borművek, un Syrah che il produttore Attila Gábor Németh definisce come un percorso personale e sensoriale. Il nome, che significa “terra e cielo”, rimanda al rapporto tra il vigneto e l’altitudine del monte Mátra, dove il vino nasce.

Il territorio del Mátra, al confine con la Slovacchia, è caratterizzato da terreni poveri, con strati di loess e rocce vulcaniche come andesite, tufo e riolite. Questo suolo povero impone alle viti una crescita contenuta, traducendosi poi in una concentrazione aromatica netta nel vino. Al naso il Syrah si apre su frutta rossa matura e spezie dolci, con rimandi a ciliegia, lampone e prugna disidratata; in sottofondo emergono pepe nero, curcuma e note erbacee come timo, insieme a fiori di viola e rosa. Un dettaglio che molti sottovalutano è la correlazione tra l’altitudine e la freschezza: in queste vigne la componente acida resta vivace, nonostante la maturazione delle uve.

In bocca il vino mostra una tensione fresco-acida che lascia spazio al frutto, sostenuta da una mineralità evidente che diventa la “spina dorsale” del calice. Il finale è lungo, con tinte balsamiche che ricordano liquirizia e mentuccia e ritorni di pepe nero. È un vino che richiede tempo per aprirsi: lo stesso vignaiolo lo concepisce come un calice per l’attesa. Un fenomeno che in diversi Paesi europei si nota sempre più: varietà internazionali piantate su suoli locali possono restituire una lettura territoriale molto distintiva. Prezzo indicativo: a partire da 16 euro.

Somló e Juhfark: il bianco vulcanico che merita attenzione

Vini d’Ungheria: queste 3 etichette storiche sono il biglietto d’accesso al mondo Tokaji
Tre bottiglie di vino ungherese Juhfark, Furmint e Hárslevelű, affiancate da due calici, limoni e tralci. – calcioinrosa.it

Se c’è una area dell’Ungheria che sorprende per unicità, quella è Somló. Si tratta di un piccolo vulcano spento a nord del lago Balaton, dove la viticoltura è praticata da secoli e il suolo vulcanico conferisce ai vini caratteristiche difficili da trovare altrove. Qui il vitigno simbolo è lo Juhfark, letteralmente “coda di pecora”, coltivato su pendii scoscesi e terreni ricchi di minerali.

Un’etichetta consigliata per avvicinarsi a questo territorio è lo Juhfark 2019 di Tornai, un vino che si presenta con una tinta giallo-verdastra e profumi di frutta verde e acerba — mela Smith in primis — insieme a note agrumate di pompelmo e bergamotto e una chiara impronta di mandorla fresca. La mineralità è netta, segno del substrato vulcanico, e al palato emergono acidità e verticalità: caratteristiche che lo rendono molto adatto all’abbinamento con piatti di pesce, verdure e formaggi freschi. Un dettaglio che molti sottovalutano è la versatilità del Juhfark: la sua sapidità lo rende pratico a tutto pasto, non limitato a momenti di degustazione formali.

Somló è una regione piccola ma di grande personalità: i vini là prodotti spesso rimangono poco conosciuti fuori dall’Europa centrale, eppure offrono un’esperienza tattile del territorio che vale la pena esplorare. Per chi cerca un primo approccio ai vini ungheresi, abbinare un Tokaji Aszú a fine pasto, un Syrah dal Mátra per la tavola e un Juhfark di Somló a tutto pasto è un percorso che mostra la pluralità di stili e suoli del Paese. Prezzo indicativo dello Juhfark di Tornai: a partire da 10 euro.