Calcio femminile: perché non “sfruttare” una stagione che non finirà mai?
L’interrogativo ormai è stampato lì, nei pensieri di tutti: si potrà ricominciare a giocare? E quali sono le prospettive per il calcio femminile? Ne stiamo effettivamente sentendo di cotte e di crude in queste settimane convulse, nelle quali tutti (e non dite che non è vero) cerchiamo conforto e speranze nella lenta, ma graduale discesa nei numeri dei contagi, dei ricoverati, dei pazienti che devono ricorrere alla terapia intensiva.
Emergenza Covid: quali prospettive per il mondo del calcio?
Tra posizioni cristallizzate, dietrofront abbastanza grotteschi da parte delle istituzioni sia governative che del mondo del pallone, non ci si capisce granché. Tranne per un particolare: decideranno, forse, i “padroni” del calcio: i 20 presidenti che fanno parte della Lega di Serie A. Per loro, o perlomeno per la maggior parte di questi, riprendere è considerato un obbligo. Dettato dal terreno bisogno di monetizzare e non perdere ulteriori introiti (leggasi televisioni). La chiusura definitiva della stagione potrebbe portare diverse società a soffrire pesantemente dal punto di vista economico.
E il calcio femminile?
In tutto questo, come incardiniamo la situazione del calcio femminile? Come sappiamo, la A e la B fanno capo alla Figc, mentre dalla C in giù alla Lnd e ai Comitati regionali. Qui, per quanto possa essere doloroso, non ci sono “pericoli” di sbandamenti nei conti economici delle società, sia per quelle “professionistiche” che non. Il problema è solo di carattere sportivo, di classifica, e di come organizzare la stagione successiva. Allora, la buttiamo lì, perché non “approfittare” di questa stagione disgraziata per fare un bel restyling dei campionati?
Sfruttare l’emergenza e dare prova di profonda resilienza: nell’anno “maledetto” riorganizzare i campionati
Stop alle retrocessioni in A e B, si potrebbe organizzare un playoff (magari prima dell’inizio della stagione 2020/2021) tra le prime quattro della B per farne salire due in Serie A e portare così il torneo a 14 squadre (per evitare quei “buchi” di calendario mostruosi e dannosi) e fare lo stesso dalla C alla B, con quattro promozioni dirette senza retrocessioni, per cancellare così l’obbrobbrio degli spareggi che impediscono a chi vince il proprio girone di C di salire direttamente di categoria. Anche in questo caso, si potrebbe fare un “minitorneo” prima dell’inizio della nuova stagione per decretare chi andrà in cadetteria.
Riprendere a giocare: un’utopia che non rispetta chi soffre e muore per il Coronavirus
Ma non ora, non con ancora centinaia, se non migliaia di bare da seppellire. Di morti da piangere, di responsabilità se vogliamo da attribuire, e soprattutto non prima di aver messo sotto controllo la situazione. Perché ad oggi non lo è, e verosimilmente non lo sarà neanche tra un mese. Non ci sono le condizioni, punto. Facciamocene una ragione, diamo il giusto valore alle cose. Pensiamo al benessere della popolazione, e poi potremo tornare a parlare di calcio giocato. Ma pensare di poter invertire questo rapporto proprio no. Non è giusto, non è umano, e soprattutto non ha senso.